Uno dei principi base che appresi ancora quando facevo il corso educatori è il significato della parola “Educare”: dal latino “ex-ducere” = “portare fuori”. Educare un cane significa quindi aiutare il soggetto a tirar fuori sia il cane che è in lui che l’individuo che è in lui.
L’esperienza mi sta insegnando che questo lo può fare solamente un altro cane, non solo perchè sa ringhiare e mordere, non solo perchè sa come guardare, come toccare e come muoversi comprendendo e facendosi comprendere perfettamente grazie alla corrispondenza morfologica, ma anche e soprattutto perchè solamente un cane è in grado di cogliere i segnali emessi attraverso la comunicazione olfattiva di un appartenente alla sua specie.
Accettiamo questo fatto e impariamo a conviverci.
Il cane viene fuori solo grazie agli altri cani. Ma non attraverso un lavoro, quanto piuttosto attraverso l’interazione spontanea e libera da qualsiasi richiesta e pressione. I cani hanno bisogno di stare tra loro, e, come per gli esseri umani, è da questi scambi che nascono le occasioni di crescita, liberamente vissute ed elaborate da ciascun soggetto coinvolto.
Tutto il resto sono surrogati parziali, incompleti e spesso più fuorvianti che costruttivi.
Tuttavia non è permesso loro di muoversi nel mondo in autonomia, ed è qui che necessariamente entra in campo l’intervento umano, il cui compito diventa quello di saper creare le giuste condizioni affinchè queste occasioni si realizzino nel modo migliore, in linea con le diverse personalità che vi partecipano, perché non basta che frequenti conspecifici, bisogna che gli vengano proposte le situazioni adeguate a sviluppare le giuste componenti caratteriali.
E mentre costruiamo queste fondamenta, possiamo aggiungere quelle informazioni necessarie a conoscere e imparare a rispettare le regole sociali, e che, se proposte in modo sano, arricchiranno le sue conoscenze e contribuiranno a formare la sua personalità e il suo stile.