Non ricordo un solo giorno della mia vita senza un cane, posso dire di essere stata allevata dai cani di famiglia.
Da sempre il mio sogno era lavorare con questi animali, ma non sapevo bene come, in quanto non mi sentivo portata per la medicina e il panorama addestrativo degli ultimi decenni del secolo scorso non mi soddisfaceva.
Poi, nel 2001, a 37 anni, incontro una realtà che letteralmente mi illumina: un corso che forma educatori cinofili organizzato dalla Scivac (Associazione Italiana dei Veterinari per Animali da Compagnia) mi avvicina al metodo gentile, da poco arrivato in Italia. Conosco Ivano Vitalini e Roberto Marchesini e mi si apre il mondo dei cani come piace a me.
Il primo mi insegna a muovermi e mi fornisce le prime chiavi di lettura di questi animali, il secondo spalanca letteralmente la mia mente ad un modo di concepire e di vivere l’alterità completamente nuovo.
Ho la fortuna di seguire per diversi anni molto da vicino il lavoro di Marchesini, collaborando nella sua scuola che forma educatori cinofili, e questo mi permette di elaborare e comprendere a fondo il suo pensiero, che resterà sempre il filo conduttore del mio lavoro.
La vera svolta nel mio modo di approcciarmi ai cani avviene nel gennaio del 2015, il giorno in cui, a Catania, incontro un branco di randagi che vivono liberi sul territorio ai piedi dell’Etna, assistiti dai volontari di strada secondo i protocolli previsti da specifiche ordinanze emesse da alcuni comuni siciliani, che io definisco illuminati.
Scopro così un mondo a me totalmente sconosciuto, dove i cani vivono secondo i loro ritmi, soddisfacendo buona parte dei bisogni di specie senza la continua interferenza dell’uomo ad inibire, gestire, bloccare, stimolare con proposte e richieste non sempre consoni: in poche parole cani totalmente liberi di esprimersi. Tutto questo mi provoca un’emozione profonda, una scossa nell’anima, che mi cambia per sempre.
Da questo momento in poi, infatti, inizia un percorso di consapevolezza, doloroso e destabilizzante, perché rivoluziona tutto, e che mi porta a comprendere che il compito di noi umani che viviamo a fianco di un cane non è quello di crescerlo dipendente da noi e ubbidiente, quanto piuttosto come un soggetto emancipato, capace di ragionare e di decidere nel rispetto delle regole sociali del contesto in cui si trova, e che noi provvediamo ad insegnargli.
Infatti durante la mia infanzia le strade del mio paese erano ancora frequentate da numerosi cani padronali vaganti, e tra questi spesso vi erano i miei, che uscivano insieme a me per poi andarsene per i fatti loro e ricongiungersi al momento del rientro.
Ho potuto pertanto, da ragazzina, sperimentare la profondità della relazione basata sull’autonomia e sull’indipendenza, e questa sensazione mi è rimasta scolpita dentro; anche se nel tempo l’avevo smarrita, influenzata da concezioni più moderne del vivere con il cane, l’incontro con un gruppo di cani randagi l’ha fatta riaffiorare alla memoria.
L’arrivo in famiglia di due cuccioli, Tino ed Etna, nati da una coppia di randagi catanesi mi permette di entrare a stretto contatto con cani il cui dna è stato selezionato dalla pressione ambientale per essere funzionale alle necessità della specie anziché ai capricci dell’essere umano, e questo mi aiuta a comprendere molte cose.
L’incontro con Roberto Bonanni, importante etologo e ricercatore italiano esperto nel comportamento del cane, mette a posto alcuni tasselli del puzzle, trasmettendomi informazioni e importanti spunti di riflessione utili a concepire la relazione tra uomo e cane da un punto di vista completamente diverso; piano piano comincio a rendermi conto di quanto il comportamento del cane libero differisca da quello dei cani obbligati ad adattarsi a stili di vita lontani da quelli a loro naturali, di quanto la manipolazione genetica operata dall’uomo crei degli animali abili nell’assecondarlo ma inabili a vivere in modo autonomo, e mi interrogo sulla differenza tra il concetto di benessere e quello di titolarità di diritti.
A questo punto comprendo che è necessario lavorare su due piani diversi: da una parte battersi affinchè in un futuro sicuramente purtroppo molto molto lontano la condizione del cane inteso come specie cambi radicalmente, e venga considerato veramente soggetto portatore di diritto, con tutto ciò che questo comporta; dall’altra operare in modo che la vita di quegli animali resi inetti dalla manipolazione genetica e dall’allontanamento precoce dalla famiglia naturale possa avvicinarsi il più possibile alla qualità di esistenza dignitosa, intesa nel senso di occasioni per esprimere la propria natura di specie e di individuo, nei limiti imposti dall’ambiente sociale in cui il soggetto si trova a vivere.
Comune denominatore di questi due aspetti è, a mio avviso, la diffusione di informazioni corrette (avallate dalla scienza e non solo dalla libera interpretazione) e di una cultura aperta, dove il puro egoismo del godere della presenza e della vicinanza del cane lascia posto al rispetto per questo animale inteso come interlocutore alla pari.
Per fare questo è necessario innanzitutto CONOSCERE. Troppo poco sappiamo del cane, e di questo poco ne sappiamo usare ancora meno. Questo è l’ambito nel quale sento il bisogno di concentrarmi per crescere.
Attraverso letture, confronti e riscontri, sta diventando sempre più chiaro ai miei occhi cosa significhi vivere da cani in un mondo di umani, ed è cominciato per me un percorso nuovo, un modo diverso di svolgere il mio mestiere, orientato non più verso l’integrazione del cane nella società umana (che significa aiutarlo a costruire competenze finalizzate ad inserirsi nel contesto sociale), quanto piuttosto verso la fusione tra tutti i membri della famiglia mista, dove gli individui che appartengono a specie diverse donano e ricevono uno dall’altro, trasformando e trasformandosi.
Fare un Passo Indietro, per lasciare al cane il giusto spazio per esprimersi, all’interno della cornice delle regole sociali; e per ritrovare la dimensione più ancestrale della relazione tra le due specie, fatta più d’intesa e di concertazione che di controllo: il Patto Antico.